lunedì 20 gennaio 2014

E allora, qual è il problema?


S’era mai visto nei cosiddetti “secoli bui” che gli Stati finanziassero le banche, ovverosia i banchieri? Tutt’altro, erano questi ultimi a finanziare gli Stati, nella persona dei loro sovrani. Altrimenti le case magnatizie dei Bardi e dei Peruzzi, le “due colonne della cristianità”, come sarebbero potute andar fallite? Il re d’Inghilterra concedeva la possibilità d’importare lana dal suo paese per la felicità dei mercanti fiorentini, e i banchieri finanziavano le spese della monarchia inglese per far la guerra alla monarchia francese (la famosa guerra dei cento (e passa) anni, altro che le scaramucce di oggi), peraltro ricavandoci un interesse che neanche il commercio della cocaina. Fino a quando il re disse loro: no money. Una dimostrazione storica di come il re debitore, ossia il debito sovrano, poteva dichiararsi insolvente alla faccia dei lanaiuoli toscani, cioè di gente assai più tosta finanche dei birrai tedeschi.



Come avrebbero potuto i monarchi capetingi, senza i prestiti delle banche, mantenere nel lusso e nello svago la loro pletorica corte e far guerra a questo e quello? Il lato bello di questi nobili è che con la miseria del popolo, cioè con le tasse, finanziavano, oltre al proprio potere e ai loro numerosi passatempi, anche l’arte. Bisogna ammetterlo, avevano gran gusto, non per nulla erano granduchi e roba del genere. Certo, allo scopo anzitutto di celebrare se stessi e legittimare il proprio potere, ma dove li vedete oggi dei granricconi che facciano lo stesso? Ad attenuante di questi ultimi va detto che oggi gli artisti non ci sono più e quelli del passato fanno la réclame.

Scriveva Carlo Cipolla che per i banchieri le leggi erano strumenti per controllare “gli altri”. Loro si sentivano non vincolati dalle leggi bensì di sopra delle stesse. Un concetto che dovrebbe ricordare qualcosa anche a noi, molti secoli dopo. Del resto, oltre ai grandi lazzaroni non mancavano i banditi da strada neanche allora, i quali aggredivano i viandanti. Ma anche questa medaglia ha il suo lato buono: a quei malandrini noi dobbiamo le lettere di cambio e il deposito bancario. Solo noi italiani, solo a Genova e Firenze si potevano inventare tali strumenti, e da qui al prestito e all’investimento bancario il passo fu breve.

E poi, sia detto francamente, i dissesti finanziari degli Stati servono a far camminare più spedita la storia. Se non vi fosse stato il dissesto dello Stato francese nel XVIII secolo non vi sarebbe stata la famosa rivoluzione e poi  Napoleone non sarebbe andato più in là del grado di colonnello, dunque il Louvre sarebbe incomparabilmente meno ricco. Come sa essere dialettica ‘sta cazzo di storia.


Perciò a chi ci racconta che con i nostri soldini è necessario salvare le banche dal fallimento, pena la disintegrazione del sistema e quindi il mancato pagamento di stipendi e pensioni, la chiusura di questo e quello, potremmo obiettare: e allora, qual è il problema? Vuoi che uno scout e un delinquente, oppure un comico e e la sua spalla, non riescano a raddrizzare la situazione da qui al 30 di febbraio?

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