lunedì 23 settembre 2013

Un'espressione geografica


L’esito delle elezioni tedesche mostra come l’elettorato di quel paese abbia le idee chiare e come i due più grandi partiti siano sostanzialmente concordi nel perseguire una strategia comune, ossia i superiori interessi della Germania.

La situazione politica italiana mostra per contro un elettorato diviso e confuso, e come i tre grandi partiti, non solo siano sprovvisti di un barlume di strategia sostanzialmente comune per quanto riguarda gli interessi generali del paese, ma siano privi di una qualsiasi idea diversa dalla mera riproduzione del loro potere e della difesa dei più variegati e illeciti interessi particolari.

Il Pd è un semplice cartello elettorale in lotta permanente al proprio interno su tutto; il partito di Grillo persegue gli obiettivi del megalomane che l'ha fondato; il partito di Berlusconi non ha bisogno di essere qualificato poiché è nato ed esiste solo in cura agli interessi del padrone e dell’entourage di corte.

La diatriba politica, parlamentare e mediatica, tira avanti da mesi, anzi da anni, sulle vicende personali di Berlusconi, sulle liti tra fazioni all’interno del Pd, sui vaticini strampalati di un duo di psicotici, e sulle beghe per questioni assolutamente secondarie con le quali si distrae un paese saccheggiato e vilipeso da tutti.

Tutto ciò è singolare in Europa, e dimostra che l’Italia è un paese in cui, di là delle apparenze, vige un regime effettivamente diverso da una democrazia di tipo parlamentare, ossia un sistema di stampo feudale.


1 commento:

  1. Analisi lucida, che sostanzialmente condivido.
    La differenza fra Germania (ma non solo...) e Italia si fa chiara soprattutto se si sottolineano quegli aspetti: là una visione strategica (e diffusamente condivisa da un elettorato piuttosto "consapevole" [della posta in gioco, del ruolo che può giocare la Germania in Europa e oltre, ecc.]) e qui l'incapacità di vedere al di là dell'oggi - giacché si preferisce scommettere sulla benevolenza del "potente" al cui servizio (reale o figurato) ci si pone. La visione strategica e di ampio respiro viene in secondo o addirittura in terzo piano, è l'ultima delle preoccupazioni. Sembra che in Italia ci si arrovelli in particolar modo per capire quale sia il "signore" (in senso feudale, appunto - anche se, oggi più di ieri, il "signore" può essere anche un gruppo di potere che eventualmente usa un singolo come "front man" -) al cui servizio è più conveniente porsi o alla cui "generosa guida" è preferibile affidarsi, con uno spirito cortigiano (e di "fazione" nell'accezione meno "moderna" possibile...) che non sembra cambiato molto nei contenuti e nei fini (tolto qualche inevitabile "aggiornamento ai tempi") rispetto all'epoca delle corti rinascimentali.
    E se certi "intellettuali" (fra i quali oggi dobbiamo comprendere anche un buon numero di "tecnici" del diritto, dell'economia, ecc.) continuano qua e là a profondersi in lodi per il loro "signore" di riferimento (proprio come secoli fa...) anziché lavorare affinché si butti alle ortiche tutto il decrepito sistema tardo-feudale che ci circonda, si comprende quanto sia arduo sperare in un qualche "cambiamento endogeno".

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