martedì 3 settembre 2013

Il vero potere


Siamo sottoposti quotidianamente al bombardamento democratico fatto delle più incredibili menzogne, a cominciare dal fatto di essere liberi e di vivere in democrazia.

Com’è possibile dirsi liberi, se ogni giorno dobbiamo venderci a un padrone? Com’è possibile chiamare democrazia un sistema sociale quando lo stesso popolo è carne comprata e venduta in nome e per conto del profitto di pochi?

«Chiunque offra il suo lavoro in cambio di denaro vende se stesso e si mette a livello degli schiavi» (Cicerone, Dei doveri, I, CL).

Oggi noi siamo formalmente liberi, ma non è data libertà se non come libertà dal bisogno. Una libertà che non sia anzitutto libertà dal bisogno è una libertà fasulla, di carta.

Oggi i nostri padroni non hanno neppure l’obbligo di mantenerci in vita, con la perdita di un salariato non corrono il rischio di perdere il loro capitale poiché possono comprarci a piacimento, a ore, ogni giorno, a capriccio. Non hanno nemmeno più bisogno di usare la frusta, poiché ci sono altri metodi, più democratici appunto, per obbligarci a lavorare per loro e per tenerci agevolmente al guinzaglio.



Il capitale è la proprietà privata dei prodotti del lavoro altrui. Esso ha bisogno del concorso della legislazione per consacrare il diritto di sfruttare il lavoro altrui. Chiaro che l’aspetto politico più importante diventa il controllo della legislazione da parte dei proprietari privati. Il capitale è dunque il potere di governo sul lavoro e sui suoi prodotti. Scrive Adams Smith:

La ricchezza, come dice Hobbes, è potere. Ma la persona che si procura una grande fortuna o la eredita non deve necessariamente procurarsi o ricevere in eredità un qualche potere politico […]. Il potere che quel possesso si porta dietro immediatamente e direttamente è il potere di comprare, cioè un certo comando su tutto il lavoro, ovvero su tutto il prodotto del lavoro, che si trova sul mercato. La sua fortuna è maggiore o minore in proporzione esatta all’estensione di quel potere: ovvero alla quantità sia del lavoro di altri uomini che esso mette in grado di comprare o di comandare (*).

La ricchezza, intesa come potere di comprare e di vendere anzitutto il lavoro altrui, è il vero potere. La democrazia è dunque sotto il controllo dei proprietari di questo potere, cioè dei capitalisti, siano essi individuali o costituiti come società per azioni. La democrazia è per essi il migliore involucro – come ebbe a dire giustamente qualcuno – del loro potere. Essa poggia sul diritto di eguaglianza, ma inteso solo come diritto enunciato, formale, smentito della disparità sociale soggiacente ai rapporti di proprietà, un diritto che non si traduce universalmente in effettività sostanziale, in presupposto indefettibile per l’esercizio della sovranità di tutto il popolo.

In un sistema dominato dalla proprietà privata, dall’uso capitalistico del lavoro, l’esistenza dei salariati – costretti a vendersi come forza-lavoro al pari di una qualsiasi merce – è ridotta alla condizione di esistenza di ogni altra merce. Essi devono considerare una fortuna – piuttosto che un astratto diritto – trovare un acquirente! Non c’è abbellimento del diritto e proclama di sacri principi che possa cambiare questa condizione.

E noi vediamo bene che quando, a causa delle sue contraddizioni interne, questo sistema di sfruttamento entra in crisi, a rimetterci sono sempre gli operai e i più umili salariati. E anche quando le cose vanno per il meglio, i salariati più lavorano e più debbono sacrificare il loro tempo di vita per guadagnare, spesso per soddisfare bisogni creati dalla pubblicità per conto dei loro stessi sfruttatori.

Chi in questo sistema crede effettivamente di essere libero e di essere titolare della sovranità, di vivere in democrazia, diventa il miglior schiavo obbediente e remissivo di un sistema classista.


(*) Riporto il brano nella trad. dell’ediz. Isedi (1973), relativo al cap. V del primo vol. della Ricchezza delle nazioni; nel testo originale è questo: But the person who either acquires, or succeeds to a great fortune, does not necessarily acquire or succeed to any political power […]. The power which that possession immediately and directly conveys to him, is the power of purchasing; a certain command over all the labour, or over all the produce of labour, which is then in the market. His fortune is greater or less, precisely in proportion to the extent of this power; or to the quantity either of other men's labour, or, what is the same thing, of the produce of other men's labour, which it enables him to purchase or command.

Marx nei Manoscritti del 1844 riporta il brano leggermente modificato, ma in modo sostanzialmente corretto (MEOC, III, 268).


6 commenti:

  1. Diventa sempre più difficile combattere un sistema ingiusto che si circonda di complici.Questo articolo(ottimo come sempre) mi ha ricordato Celine e di come ai suoi tempi già cogliesse molto bene l'essenza dei nuovi metodi "democratici" utilizzati dai padroni, perfetti nell'illudere e persuadere gli schiavi della propria libertà.

    "..Il bastone finisce per stancare chi lo maneggia, mentre la speranza di diventare potenti e ricchi di cui i bianchi s'ingozzano, quella non costa niente, assolutamente niente. Che non ci vengano più a decantare l'Egitto e i Tiranni tartari! Quei dilettanti antiquati erano solo dei pataccari pretenziosi nell'arte suprema di far spremere alla bestia verticale il massimo sforzo sul lavoro. Non sapevano, quei primitivi, chiamare "Signore" lo schiavo, e farlo votare di quando in quando, né pagargli il giornale, né soprattutto portarselo in guerra, per fargli sbollire le passioni." (L. F. Celine - Viaggio al termine della notte p.159)

    Saluti ;-) Filippo

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    1. E.C. chiedo scusa,Céline con l'accento acuto sulla prima e..(non sia mai che voglia strafalciare il nome della nonna materna) Filippo

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  2. Non fa una grinza ... come al solito sei bravissima a rendere lampante ciò che ai più, purtroppo, passa sotto il naso come se nulla fosse.
    Il problema è culturale, l'uomo medio <>.
    Ovviamente non è un caso che ci venga inculcato questo modo di pensare.
    Anzi una volta ti dicevano di studiare per essere libero (di scegliere il lavoro di schiavo che preferisci).
    Oggi addirittura ci tolgono anche il piacere di studiare, la qualità della scuola e del'università è crollata, e l'unico obiettivo è uniformarsi alle necessità del capitale.
    Basta pensare al continuo insistere sulla necessità di formare le nuove generazioni per essere più competitivi sul mondo del lavoro.. tradotto: essere utili, sfruttabili, e possibilmente pensanti-quel-quanto-che-basta-ma-mi-raccomando-non-troppo.

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  3. “Facciamo lavori che odiamo per comprare merda che non ci serve” “Abbiamo costruito un sistema che ci persuade a spendere il denaro che non abbiamo in cose che non necessitano per creare impressioni che non dureranno su persone che non ci interessano” (Emile H. Gauvreay).

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  4. Cara Olympe, hai scritto:
    "Chi in questo sistema crede effettivamente di essere libero e di essere titolare della sovranità, di vivere in democrazia, diventa il miglior schiavo obbediente e remissivo di un sistema classista".

    Far leva sui desideri per creare nuovi bisogni, soprattutto non necessari, è la specialità di chi detiene il potere dei mercati.
    La Fiat 500 non avrebbe contribuito a creare un impero agli Agnelli se gli italiani non avessero 'ardentemente desiderato' motorizzarsi.
    Non sempre il progresso va di pari passo col soddisfacimento di bisogni primari e, solitamente in ritardo, ci accorgiamo che ci stanno prendendo per i fondelli in nome della crescita economica e di quel maledetto PIL che ci perseguita!

    Se non ricordo male, tratto dal Breviario del Caos di Albert Caraco:
    "Siamo in molti miliardi di troppo a chiedere il Paradiso in Terra, ed è l'Inferno quello che rendiamo inevitabile, con l'aiuti della nostra scienza, sotto il bastone dei nostri pastori imbecilli. Il futuro dirà che gli unici chiaroveggenti erano gli Anarchici e i Nichilisti".







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