giovedì 29 agosto 2013

Non è casuale


Quasi un miliardo di persone soffre la fame (quella vera), la denutrizione uccide diversi milioni di bambini nel mondo, e più di 30 milioni di persone muoiono d’inedia o di malattie a causa di carenze di micronutrienti. Paradossalmente altre centinaia di milioni di persone muoiono a causa d’iperalimentazione e malnutrizione, ossia perché mangiano troppo e male, e altre centinaia di milioni ricorrono per gli stessi motivi a cure mediche, con un aggravio per la spesa sanitaria enorme.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni cinque secondi una persona nel mondo viene colpita da cecità, e la stessa sorte tocca a un bambino ogni minuto. Si stima un’incidenza della cecità pari a circa 200 casi ogni 100.000 abitanti nelle nazioni con standard di assistenza medica elevati, e una incidenza dieci volte maggiore in quelle con una mediocre assistenza medica. Alcune delle patologie responsabili della cecità, quali il tracoma e l’oncocercosi, sono presenti quasi esclusivamente nelle aree depresse del mondo.

Tutto questo, considerato nell’insieme, non è opera del caso e nemmeno di chissà quale necessità legata a leggi oggettive. Gli uomini non sono una colonia di topi, essi pur soggetti alle leggi della natura, nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità legata a questa conoscenza, possono farle agire secondo un piano per un fine determinato.



A pensarci bene non è casuale il tentativo, ben riuscito, da parte degli ideologi borghesi di sostituire le categorie oggettive socio-economiche con categorie logiche o biologiche, o psico-soggettive. Il motivo ideologico fondamentale delle concezioni borghesi risiede nella tendenza a trovare le ragioni delle cose al di fuori di ciò che è storico e sociale, sottomettendo ogni aspetto storico e sociale all’organico oppure a un materialismo largamente esposto al naturalismo onnipotente.

Essenzialmente gli ideologi ci vogliono far credere che l’uomo è anzitutto un animale. Sulla scorta di questa sbalorditiva rivelazione, l’ideologia borghese – bypassando perfino Aristotele (l’uomo è un animale sociale) – rivede i propri giudizi sui valori del mondo e della storia. Il destino dell’uomo, tutto il contenuto della sua vita e della sua attività, deve apparire totalmente vincolato dalle vicende di avvenimenti riconducibili essenzialmente a processi biologici.

Anche se le questioni il più delle volte sono esposte in forme più accattivanti e “complesse”, in ultima analisi la sostanza è sempre questa. In questo modo si mistifica il criterio di giudizio sull’aspetto storico e sociale per giustificare le contraddizioni patenti di un sistema sociale in crisi, oggi manifestamente irreversibile.

Affermando che l’uomo non è il risultato dalla sua essenza storica, ma il prodotto di quella biologica, si possono poi spiegare le contraddizioni di una società irrazionale e sperequata, dal lato oggettivo, ed ingiusta, dal lato morale, come effetto della natura propria ed intrinseca dell’uomo. Su tale presupposto, le crisi diventano "disarmonie" nel libero gioco delle forze di mercato, la miseria e le grandi ricchezze si giustificano con l’essere l’uomo naturalmente competitivo e il suo essere biologicamente egoista. Del resto, ci fanno credere, è sempre stato così. Perciò non ci resta che assoggettarci di buon grado alle sorti magnifiche e progressive di un’organizzazione sociale che, pur “imperfetta” a causa delle “umane debolezze”, è la migliore possibile.

L’aspirazione è di fondare un mondo di là dello storico e del sociale. Bisogna ammettere che i risultati ottenuti in tal senso dagli “specialisti” sono eccellenti.

Il punto di vista marxista, sulla base della dialettica materialista, è opposto sia al soggettivismo che all’oggettivismo di marca borghese. L’uomo non esiste semplicemente come organismo, come individuo biologico, non esiste l’uomo al di fuori della società, e così le sue pulsioni e i suoi egoismi sono mere astrazioni se non sono considerati nell’ambito di una determinata realtà storica e sociale.

Il marxismo è ben lontano dal negare la realtà dell’agire individuale e delle sue motivazioni, ma tale attività non può mai esistere ed essere correttamente intesa se non nel complesso del movimento storico-sociale, laddove ogni attività essenziale e fondamentale dell’uomo è connessa a stimoli sociali in un ambiente sociale.

L’uomo esiste come proprietario o come salariato, come borghese o come proletario, ossia nell'insieme come classe sociale che detiene la ricchezza o come classe che a tale ricchezza deve sottomettersi per sopravvivere. L’uomo non è lo stesso uomo se vive in un attico o in un appartamento a pigione. L’uomo non è lo stesso uomo se è proprietario della terra o se è costretto dal bisogno a lavorarla come bracciante a giornata. Soltanto entro la collocazione storica e sociale l’uomo diventa reale e definisce il contenuto della sua attività vitale e culturale.


Collocata nella sua dimensione storica e sociale, la realtà umana, nei suoi caratteri d’insieme così come nelle sue peculiarità soggettive, diventa finalmente intellegibile per ciò che essa è in quel momento e in quel dato contesto sociale. Solo in tal modo l’uomo può fondare la propria libertà, nel dominio di se stesso e della natura esterna fondato sulla conoscenza delle necessità naturali. Perciò la sua libertà è necessariamente un prodotto dello sviluppo storico.

4 commenti:

  1. In effetti Darwin, e in generale tutto quello che è poi disceso dalle idee di Darwin, lo hanno preso a pretesto per giustificare "il sistema", cioè tutto si spiega con la "loro" interpretazione della famosa lotta per l'esistenza e la selezione del più adatto.
    Saluti,
    Carlo.

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  2. Accumulare capitali non è come accumulare ghiande per l'inverno, non ha senso senza l'impiego sociale.

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    1. infatti, il punto di partenza non è rappresentato dall'uomo in quanto "oggetto sensibile" come credeva Feuerbach, ma dal suo lavoro, dalla attività umana sensibile, generatrice e trasformatrice dell'intera vita sociale.

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