martedì 4 giugno 2013

Ed esso viene spezzato


Che cosa serve perché una notizia abbia il rilievo che merita? Centodiciannove morti e decine di feriti in un incendio meritano la prima pagina? Se si tratta di schiavi chiusi a chiave nel posto di lavoro, evidentemente no. E poi, si sa, i cinesi sono così tanti. E un ragazzino di 14 anni, Liu Fuzong, che muore a causa del troppo lavoro? Dicono che secondo dati ufficiali i morti per eccessivo carico di lavoro in Cina siano 600. Un dato sottostimato, indubbiamente. Su questo sito si può avere un piccolo campionario di ciò che succede in Cina ai lavoratori salariati. È con tali condizioni di vita e di lavoro che, secondo Eugenio Scalfari e altri della stessa porcilaia, gli operai italiani dovrebbero competere.



Dicono i sapienti che la così detta globalizzazione non si può fermare, che le leggi di sviluppo economico agiscono con la forza delle leggi di natura. Ciò è vero ed è stato scoperto da Marx ed Engels: applicando il materialismo dialettico alla conoscenza della società umana, ricavarono la seguente tesi: ciò che è fondamentale sono i rapporti di produzione che si formano indipendentemente dalla volontà e dalla coscienza degli uomini, come rapporti determinanti e originari, in antitesi ai rapporti ideologici che nascono passando attraverso la coscienza umana. 

I rapporti di produzione sono, a loro volta, dialetticamente uniti alle forze produttive e determinati dal livello di sviluppo di queste ultime. Questo carattere oggettivo dei rapporti di produzione permette di considerare il movimento della formazione economica della società come un "processo storico naturale", rigorosamente conforme a leggi. In tal modo, la scienza della società veniva posta per la prima volta su un fondamento scientifico.

Di tale scoperta si sono appropriati anche gli apologeti del capitalismo, dimenticando però ben altre determinazioni economiche scoperte, su tale base, da Marx ed Engels. Per esempio che le forme della produzione e di distribuzione, non sono eterne e immutabili. Al contrario, solo lo studio delle forme di produzione concepite come storiche, permette di comprendere lo sviluppo della società nella sua necessità e nelle sue possibilità reali.

E, infatti, la produzione capitalistica genera essa stessa, con l’ineluttabilità di un processo naturale, la propria negazione. È – per dirla con Marx – la negazione della negazione. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona l’ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati”.

Nella nostra epoca è possibile liberare dai lacci del presente i rapporti di produzione, dar vita a una progettazione cosciente di questo possibile sulla base dello stadio raggiunto dalle forze produttive, ristabilendo quindi la proprietà individuale, espropriata dal monopolio capitalistico, e fondandola sulle conquiste dell’era capitalistica, sulla cooperazione e sul possesso collettivo della terra e dei mezzi di produzione prodotti dal lavoro stesso.

È possibile metter fine all’azione della “mano invisibile”, uscire dall’immiserimento e dagli assilli di una vita quotidiana deformante e imbarbarita; oggi è possibile pianificare la piena soddisfazione dei bisogni primari di tutta l’umanità: cibo, abitazione, vestiario, sanità, istruzione, ecc.. Riducendo al contempo drasticamente la giornata lavorativa, ricombinando lavoro intellettuale e lavoro manuale, rimodulando l’attività produttiva secondo gli scopi afferenti ai bisogni sociali e non secondo il profitto.


Compito fondamentale della propaganda borghese, alla quale si può ricondurre ogni aspetto dell’attività dei suoi specialisti, è quello di negare tale possibilità, di falsificare i fatti, di dichiarare ogni idea contraria all’ordine vigente come vaneggiamento e utopia.

5 commenti:

  1. Un vero collettivismo sarà possibile SOLO se si verificherà contemporaneamente in TUTTO il mondo. Altrimenti si ripeterebbero le stesse dinamiche di URSS, Cina e altri paradisi del socialismo reale.
    Poiché un tale rivolgimento sembra assai improbabile nei prossimi tempi, diciamo che se non è vaneggiamento, è poco più che una utopistica speranza.
    Inoltre non ci sono da nessuna parte movimenti internazionali di un certo rilievo che stanno operandosi per pilotare questa trasformazione.
    Ma poi, diciamocelo, il comunismo, adesso come adesso, ha veramente poco appeal per le masse occidentali. Crisi o non crisi.
    Certo, dopo il 2050, tutto può cambiare ...
    Socialismo o barbarie. Oppure entrambi.

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  2. Gli ideologi capitalisti - economisti, politici, pennivendoli di alto bordo - sanno che Marx ha ragione ma non possono ammetterlo, perché dovrebbero chiudere bottega? Oppure sono veramente convinti che la loro strada in definitiva sia quella giusta?

    Io non riesco a dare una risposta definitiva a questo dubbio. In generale propendo per credere alla prima ipotesi, perché saranno pure venduti ma sono tutt'altro che stupidi. Ma poi penso ad alcune persone che conosco - anche di profilo intellettuale e professionale elevato e di qualità - e mi riprende il dubbio, perché l'impressione che danno è quella di credere sul serio che la loro mercanzia sia la verità.

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    1. in ogni classe sociale, in ogni categoria professionale, esistono tipi diversi di uomini e di donne.

      credo che fino a pochi anni fa avessero davvero la consapevolezza che questo sistema fosse in definitiva il migliore e destinato a durare in eterno, l'eterno umano ovviamente. a qualcuno è venuto ultimamente qualche dubbio, ma più che comprendere questi vogliono esorcizzare una dinamica storica inesorabile. naturalmente il tutto deve essere rapportato al tempo storico, attendersi cambiamenti epocali in qualche anno è farsi delle illusioni. però a volte la storia percorre lunghi tratti a grande velocità e tra la sorpresa generale. è successo molte volte, nel 1789, nel 1917 ecc.

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  3. Salve Olympe. Quando scrivi: "Riducendo al contempo drasticamente la giornata lavorativa, ricombinando lavoro intellettuale e lavoro manuale, rimodulando l’attività produttiva secondo gli scopi afferenti ai bisogni sociali e non secondo il profitto".
    Sono d'accordo e specialmente quando dici che bisogna rimodulare l'attività produttiva secondo gli scopi afferenti ai bisogni sociali e non secondo il profitto. Ma in che modo si potrebbe ricombinare il lavoro intellettuale e il lavoro manuale?

    Grazie per l'attenzione Olympe

    F.G

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    1. La rimodellazione delle forze produttive, della tecnica e della scienza entro un nuovo quadro di razionalità fondato sulla liberazione del lavoro, significa in primo luogo la ridefinizione del lavoro rispetto al processo di produzione, quindi necessariamente, la ridefinizione del concetto di ricchezza fondandolo non più sul tempo di lavoro ma sul tempo disponibile. Anche la divisione sociale del lavoro, che non ha solo un carattere tecnico in conseguenza dei rapporti di produzione capitalistici e corrisponde a precisi interessi materiali e di classe, subisce una radicale trasformazione. Bisogna tener presente che la divisione del lavoro capitalistica è soprattutto un metodo per la produzione di plusvalore.

      Ovvio dunque, che il lavoro di fabbrica, trasformandosi la fabbrica stessa in qualcosa di diverso dalla fabbrica attuale, subisca esso stesso una trasformazione. Il lavoro manuale, non più basato sull’estorsione del tempo di lavoro e assumendo un nuovo concetto teorico e pratico la collaborazione, tanto per fare un esempio, assume un carattere completamente nuovo. E così anche per il lavoro intellettuale. E così anche per la combinazione di lavoro manuale e intellettuale.

      Ecco dunque che lo studio, per fare un altro esempio, non sarà più riservato solo a una parte limitata della vita individuale, ma accompagnerà la persona per tutta la vita. Liberandosi dall’obbligo di una lunga giornata lavorativa, impegnata in gran parte a produrre plusvalore, il lavoratore avrà molto più tempo libero per dedicarsi allo studio e a altre attività. Il lavoratore non sarà più uno schiavo legato alla macchina, ma parteciperà alla definizione degli scopi stessi della produzione e delle sue modalità tecniche.

      Insomma, venendo a cessare il carattere capitalistico della produzione, vengono a trasformarsi anche gli elementi tipici che lo definiscono, e con essi anche quelli del lavoro.

      Vedi anche questo:
      http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/05/il-carattere-storico-e-transitorio.html

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