lunedì 27 maggio 2013

Note a margine della Cripta


In un’epoca in cui è cambiata la geografia economica e con essa stanno mutando le società industriali, in cui la crisi è appena iniziata e già sembra infinita a molti, rivelatrice dell’ormai irriducibile dispiegarsi della contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione, ebbene questa mattina – come del resto a ogni ora – in televisione degli esperti del vacuo parlavano del nulla elettorale.

E ciò mi ha fatto ricordare un brano di un romanzo che ho letto in questi giorni, laddove l’autore si compiace di descrivere i sentimenti e i motivi di un’epoca non dissimile per carattere alla nostra:



Allora doveva essere molto forte in me il presentimento profetico, la sensazione che questi miei commilitoni fossero indubbiamente in grado di farsi onore a un esame, non però in una guerra. Erano venuti su troppo viziati nella Vienna incessantemente nutrita dai paesi della Corona, figli inermi, quasi ridicolmente inermi, dell’infiacchita e fin troppo cantata città capitale e residenza imperiale, che simile a uno splendido ragno ammaliatore se ne stava nel bel mezzo della rete giallo-nera e incessantemente succhiava forza e sostanza e splendore dai circostanti paesi della Corona. Delle tasse che pagava il mio povero cugino, il caldarrostaio Joseph Branco Trotta di Sipolje, delle tasse che pagava il vetturino ebreo Manes Reisiger di Zlotogrod, che conduceva un’esistenza miserabile, vivevano le superbe case sul Ring, che appartenevano alla famiglia ebrea Todesco a cui era stato conferito il titolo baronale, e gli edifici pubblici, il Parlamento, il Palazzo di Giustiza, l’Università, l’Istituto di Credito fondiario, il Burgtheater, la Hofopr e finanche la direzione di polizia.

Se c’è da cogliere una differenza con l’oggi, ossia con quello che ci riguarda in casa, è che da noi manca l’attenzione e la cura, ordinaria e non solo di stampo absburgico, per i teatri, le università e il patrimonio pubblico in generale.

Quel cambio d’epoca durò grossomodo un mezzo secolo, o, se vogliamo dividerlo nelle sue due fasi cruciali, in un paio di quarti di secolo. Le vicende del primo quarto, che va all’incirca dalla fine dell’Ottocento alla conclusione del Primo conflitto mondiale e vide la scomparsa di quattro imperi secolari (*), furono il risultato dell’imponente sviluppo industriale, del trionfo della borghesia; quelle del  secondo quarto, furono perlopiù il prodotto, da un lato, della lotta tra le diverse potenze per il dominio mondiale, e, dall’altro, la reazione violenta ed eversiva della grande borghesia che, facendo leva sulle nuove classi urbane e la proprietà contadina, con l’appoggio dell’antica nobiltà e del clero, volle mettere a tacere i pericoli fomentati dal movimento rivoluzionario comunista, socialista e anarchico. Le prove generali avvennero in Italia, laboratorio del totalitarismo moderno.


Il tutto costò alla sola Europa l’annientamento di alcune generazioni di giovani, la cancellazione di antiche città, la dispersione e il genocidio, la divisione anche fisica del continente in due blocchi di potenze contrapposte, e altre squisite tragedie.


(*) Ci metto anche quello guglielmino, che pur sempre di continuità con gli antichi assetti dinastici si tratta.

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