martedì 19 febbraio 2013

Nel dubbio, gioca coppe



Nel suo manualetto per despoti, Machiavelli cercò di trovare una giustificazione per le bassezze del potere in uno dei dogmi della religione cristiana: è il peccato originale che fa l’uomo naturalmente dedito al male, e solo la necessità può spingerlo al bene. È questa la classica scusa di ogni assolutismo che prende di mira l’uomo astratto. Trasformando una mezza verità in una menzogna assoluta, Machiavelli indicò tre sole forme di governo efficace: quello basato sulla forza, il terrore, la corruzione.

Si tratta di un punto di vista che non ha nulla a che vedere con il materialismo storico. L’esperienza storica ci mostra invece che quanto più è forte il dominio di una classe sociale, o di un’oligarchia, tanto più quella società è dispotica. Le classi dominanti, non ultima la borghesia, hanno solo diversamente modulato e graduato forza, terrore e corruzione. Sono queste le forme del loro governo, ma non costituiscono la base stessa del potere delle classi dominanti. La borghesia è arrivata a dissimulare e sublimare queste forme del suo governo nella moderna democrazia, laddove il potere politico sembra soggiacere alla volontà popolare espressa con il voto, allo stesso modo che la schiavitù imposta dal bisogno assume le sembianze della libera contrattazione.

Noi sappiamo con quali forze e strumenti la borghesia – ossia i padroni del mondo – riescono a condizionare le nostre “libere” scelte. Vediamo anche come le grandi forze economiche, lasciate agire senza un effettivo controllo sociale, producano più problemi di quanti possano risolverne. E ciò va detto anche prescindendo da qualsiasi altra considerazione in tema di contraddizioni immanenti al modo di produzione capitalistico.

Vediamo anche come i vari demagoghi della politica si propongano di risolvere i problemi del potere politico e le contraddizioni dell’economia con metodi assolutistici. Una volta al potere, però, questi stessi demagoghi devono procrastinare all’infinito le emergenze e le crisi per giustificare il loro dispotismo. Sappiamo anche come vanno a finire queste cose.

E allora è inutile che ci giriamo intorno, il tema è sempre lo stesso, l’amletico dubbio, tra l’essere e la quieta rinuncia, tra il fare e la rassegnazione. C’è una frase marxiana che sembra solo uno slogan propagandistico, peraltro desueto e apparentemente smentito dalla storia, e invece racchiude già in sé l’abbozzo di un programma concreto di grande attualità: “Proletari di tutti i paesi, unitevi!”.

7 commenti:

  1. Quei pochi spazi di democrazia sostanziale conquistati negli anni del "compromesso sociale" (1945-75) sono stati il frutto, non certo ottriato, della capacità del movimento operaio ORGANIZZATO di contenere la libertà di accumulazione, l'arbitrio, del capitale. Oggi questa capacità è ridotta ai minimi termini. Se si aggiunge l'inesistenza di una qualsiasi rappresentanza del lavoro salariato (in tutte le sue forme), si prospetta un futuro autoritario, autoritario-bonapartista, nella migliore delle ipotesi.
    Mordecaj

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  2. I proletari di tutti i paesi, prima di tutto dovrebbero rendersi conto di essere proletari, poi avrebbero bisogno di una, non forte, fortissima leadership con tutto ciò che ha di positivo e negativo una tale elite di rivoluzionari.
    Quindi si dovrebbe istituire una vera e propria dittatura del proletariato. Abbiamo visto come è finita quella di cento anni fa. Insomma, la scelta è tra la dittatura dei capitalisti e una attualmente improbabile dittatura delle elite rivoluzionarie.
    In nessun caso se ne esce da uomini liberi. L'unica scelta è tra due tipi di dittature, una esplicita e l'altra sorniona.

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    1. massimo, ma ti sembra che la nostra epoca sia paragonabile a quella di un secolo fa, che l'europa sia la russia medievale del 1917 ?

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    2. Certamente no, Olympe. E' che alla gente piace sentirsi dire cosa fare adesso, come cento anni fa.
      A meno che non si voglia credere a fregnacce tipo la "moltitudine" di Toni Negri o altre cervellotiche teorie pseudo rivoluzionarie.
      In ogni caso, quando dico che non se ne esce da uomini liberi, non affermo una cosa necesasriamente negativa. Conosco personalmente decine di persone nate nell'ex Unione Sovietica, che rimpiangono sinceramente quei periodi. Uno di essi mi ha anche detto esplicitamente: " ma se tutti lavorano, hanno da mangiare, istruzione gratuita e un tetto sulla testa che cazzo se ne fanno della libertà?".
      Sinceramente, non ho saputo rispondere adeguatamente. In effetti la questione è aperta.

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  3. " ma se tutti lavorano, hanno da mangiare, istruzione gratuita e un tetto sulla testa che cazzo se ne fanno della libertà?".
    Aggiungerei un dignitoso servizio sanitario!
    Dal 1994 in Russia la speranza di vita è crollata di 10 anni:cifra enorme.

    Ben detto, se aggiungiamo, ad infoltire le contraddizioni, la fervida osservazione di Hobsbawm che la sola esistenza dell'Unione Sovietica (al di là anche della valutazione che ne diamo) ha percosìdire incivilito il capitalismo, il cerchio si chiude. I soprannanominati "glorioso trenta" sono anche il prodotto di quella realtà geopolitica, se la bancarotta non è ancora esplosa in tutte le sue componenti è per quei residui novecenteschi che ancora sopravvivono. Ma ora, il capitalismo senza contrappesi, nella sua variante ipertrofico finanziaria è scatenato. Senza il Gramsciano Nuovo Principe ne vedremo eccome!
    Mordecaj

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