martedì 27 novembre 2012

La resa dei conti



Il difetto d’origine del Partito democratico è quello di voler essere troppe cose e di non esserne nessuna allo stesso tempo. Non è un partito di sinistra poiché ha raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra, ma al loro punto di vista e alla loro mentalità, sia nel quadro internazionale e sia in quello interno. Non è però semplicemente un partito di centro o di destra per il fatto che in esso continuano a convivere uomini le cui idee – se non altro per motivi di decenza – si legano ancora in qualche modo a quella che fu la tradizione riformistica della sinistra italiana. Può il partito definirsi “democratico” – come facilmente ironizzava già Massimo D’Alema – poiché si tratta di un aggettivo che denota ormai una tale genericità che quasi chiunque può darsene titolo.

È appunto tale situazione a favorire l'affermazione politica nel partito e l’ascesa mediatica di personaggi come Matteo Renzi, uomo di ascendenza cattolicissima e le cui idee sono coniate sulla stessa matrice leaderistica tipica della politica-spettacolo di stampo berlusconiano. L’ambizione non certo sanissima egli la incarna già nella sua faccia da pesce furbo dell’oratorio, la voglia di scissione l’esprime nelle parole e la rappresenta nella volontà dei fatti. Quando un candidato alle primarie mette in piedi un proprio personale apparato di rilevamento e conteggio del voto, in aperta contestazione di quello ufficiale del partito (si parla di errori di conteggio, ma già dalla prossima settimana, se il distacco al ballottaggio sarà contenuto, si arriverà all’accusa di brogli), significa che ha già piedi e gambe fuori del partito. Quando un candidato alle primarie si esprime per categorie come “noi” e “loro”, significa che è prontissimo alla fuga con tutta la posateria che gli sta in tasca.

Non dipenderà da D’Alema, Bindi e altri di decidere se rimanere nel partito con Renzi vincitore. La guida scout l’ha già detto chiaro: se ne devono andare. In tal caso il partito si spaccherebbe. Se a vincere invece sarà Bersani, il sindaco si sentirà comunque vincitore e proprietario di quella grossa fetta di elettorato che l’ha votato e che potrebbe incrementare ancora. Dipenderà molto dai suoi sponsor e da altri fattori se il momento sarà giudicato propizio per lasciare il partito e cercare fortuna nei seggi veri. Renzi sa di giocarsi tutto, se non approfitta di questa circostanza che gli interessi di alcuni e la dabbenaggine di altri gli hanno servito sul piatto, sa bene che poi sarà molto difficile rientrare nei giochi. Non vorrà certo fare la fine di quella melanzana secca di Segni. Ma non dipende solo da lui.

Nel complesso non si può parlare di eterogenesi dei fini, ma di una strategia di soggetti diversi e che però puntano tutti al medesimo risultato. Individuare almeno i contorni del disegno non è difficile e nemmeno una novità. Ciò a cui puntano determinate forze è di scompaginare la scena politica per il dopo elezioni e trarne vantaggi ognuna per proprio conto. Può esserne un esempio – per quanto limitato – questo articolo del Corriere, imbastito su una frase innocua di Vendola in merito alla vicenda Ilva, per poi tirare in ballo Bersani su una presunta mail forse speditagli da uno dei padroni dell’Ilva e che però non dice nulla che meriti un articolo del genere. Del resto, questa situazione i cari leader se la sono cercata con metodo e non lieve impegno di anni.

3 commenti:

  1. in un momento in cui lo schieramento di centro destra è in rianimazione non potendo più contare sul suo padrone assoluto nonchè grande finanziatore , la sinistra gli offre , come al solito ,il fianco andandosi miseramente a sgretolare. altro che rottamatore il caro Renzi è un autentico demolitore . lucilla

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  2. Il porsi quale organizzazione politica capace di rappresentare gli interessi del lavoro ma anche della finanza, degli imprenditori ma anche degli operai, degli studenti e dei professori, degli atei e dei credenti, delle pensioni e delle rendite, dei commercianti e dei consumatori, della natura e del cemento, dei cacciatori e degli animalisti, dell'euro e degli interessi nazionali, dei giovani e dei vecchi insomma il porsi quale Utopico Partito Interclassista Unico ha già causato il disintegrarsi della Democrazia Cristiana prima e della Lega Nord dopo. Oggi tocca al Partito Democratico.
    Conscrit

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