mercoledì 22 febbraio 2012

Provo a rispondere


Cerco, come posso e brevemente, di rispondere ad alcuni commenti di amici del blog, i quali, per esempio, scrivono: La scienza marxista è inoppugnabile nell'analizzare il perché il capitalismo è quello che è, ma non ha mai tenuto conto che l'uomo non è riducibile a mera economia. Avidità e volontà di potenza sono equamente distribuiti tra il presidente di Goldman Sachs e l'ultimo barbone. Il problema è sempre lo stesso: chi controlla i controllori?

* * *
Comincio col dire che l’ideale comunista non è quello di creare il bene assoluto. Il comunismo può essere solo, come ebbe a dire Marx, il movimento che cambia lo stato di cose presenti, a cominciare dai rapporti di produzione e dalla rimodellazione delle forze produttive entro un nuovo quadro di razionalità fondato sulla liberazione del lavoro. Un processo di ricerca e di lotta che può trovare compimento solo quando sarà appunto “scomparsa la subordinazione asservitrice degli individui alla divisione del lavoro, e quindi anche il contrasto fra lavoro intellettuale e fisico” e quando “il lavoro non sarà divenuto soltanto mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita”.

Ciò non significa che in una società comunista scomparirà ogni tipo di contrasto e di conflitto intersoggettivo. Una simile affermazione non sarebbe nemmeno scientifica. Con il comunismo si estingueranno invece quelle cause storico-sociali che producono il presidente di Goldman Sachs e l'ultimo barbone, quindi quei disastri quotidiani che ci stanno sotto gli occhi e che, tra l’altro, offrono tanto lavoro ben retribuito a sociologi, medici, terapeuti e piscia in culo vari.

Viceversa, uno dei contributi fondamentali del materialismo storico – ne è un buon esempio il Ludwig Feurebach di Engels ma anche ovviamente L’Ideologia tedesca – è stato quello di mettere in chiaro la dipendenza causale tra vita sociale e coscienza. La tesi marxiana secondo la quale non è la coscienza a determinare l’essere ma, viceversa, l’essere sociale a determinare la coscienza, risulta essenziale per la comprensione di numerosissimi aspetti che riguardano l’ambito delle discipline che si occupano dello sviluppo sociale. Già tale approccio metodologico sottolinea la differenza tra la scienza sociale marxista e le dottrine improntate all’idealismo, al soggettivismo e al biologismo (gli uomini sono qualitativamente irriducibili nei loro processi sociali e psicologici al mondo animale dal quale si sono emancipati).

Gli esseri umani al pari di ogni altra creatura non nascono buoni o cattivi. Diversamente però dagli altri animali, i collettivi umani (quindi non l’uomo astratto delle religioni e dei filosofi) non si limitano a seguire il proprio istinto. Uomo e natura non costituiscono un’opposizione logica e neppure un’unità indifferenziata. L’uomo costituisce il punto più alto della materia nel suo divenire e si differenzia qualitativamente dalle forme animali dalle quali si è emancipato, ma la sua storia non è disgiunta dalla natura. Subisce l’influsso della natura ma nello steso tempo è capace di creare, attraverso continue trasformazioni di essa, nuove condizioni naturali per la sua esistenza. Nel trasformare la natura l’uomo costituisce attivamente la sua stessa natura.

Fin dalla nascita i proletari sono esposti all’influenza dell’ideologia dominante di una classe sfruttatrice, e ciò determina anche che ognuno di essi ne abbia interiorizzato e assimilato i rapporti sociali e con ciò i caratteri violenti della classe dominante. Scrive Marx al riguardo:

Non basta che le condizioni di lavoro si presentino come capitale a un polo e che dall’altro polo si presentino uomini che non hanno altro da vendere che la propria forza-lavoro. E non basta neppure costringere questi uomini a vendersi volontariamente. Man mano che la produzione capitalistica procede, si sviluppa una classe operaia che per educazione, tradizione, abitudine, riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze di quel modo di produzione (Il Capitale, Critica dell’economia politica, I, VII, 3).

Grazie per l’attenzione e la passione.

6 commenti:

  1. "Ciò non significa che in una società comunista scomparirà ogni tipo di contrasto e di conflitto intersoggettivo".

    Il problema, è che molti mettono avanti proprio questi tipi di discorsi, in primis la natura umana, che seppur "non irriducibile dai suoi processi sociali e psicologici dal mondo animale dal quale si è emancipata", gioca una carta a sfavore, nell'impegno dell'attuazione del comunismo, in molti.
    Cioè, molti si chiedono: se l'avidità e volontà di potenza, siano categorie che con il comunismo esisteranno ancora, o come penso io, avranno ancora ragione di esistere?

    Saluti Olympe.

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  2. gli uomini non solo trasformando la natura trasformano se stessi, ma va da sé anche trasformando il proprio ambiente sociale

    forse, a proposito di ambiente artificiale e ruolo dei media, possono interessare queste letture:

    http://diciottobrumaio.blogspot.com/2011/05/experimental-rat.html

    http://diciottobrumaio.blogspot.com/2010/03/sistemi-di-segnalazione-media-e.html

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  3. E' tutto molto chiaro e in linea di massima condivido senz'altro.
    L'uomo è un animale facilmente influenzabile, specialmente se si presente sotto forma di massa. Se però si tratta di arrivare a dare a ciascuno secondo il suo bisogno da ciascuno secondo la sua possibilità, cominciano i problemi.
    L'uomo è un animale gerarchico (pare che la spinta conformistica sia legata a questo aspetto: ci sono i lavori di Zimbardo, Milgram e tanti altri).
    Se si cambia il modo di produzione (e prima o poi ci si arriverà)
    non si cambia la spinta a creare gerarchie e aristocrazie di vario tipo.
    Da qui all'asservimento dei molti a spese dei pochi il passo è breve.
    L'uomo non si accontenta, c'è poco da fare.
    A meno che non venga addomesticato.
    Si tratta dunque di scegliere quale tipo di addomesticamento dargli ...
    Purtroppo gli esempi storici non giocano troppo a favore ...
    non che la storia necessariamente si ripeta, ma le forme sembrano sempre molto simili.
    Con questo non voglio contraddire l'analisi marxiana. Ripeto, un cambiamento del modo di produzione, che produrrà anche un certo cambiamento di coscienza sociale, è auspicabile ...
    Ma il diavolo ci mette sempre lo zampino ...
    Se s'ha da fare deve essere fatto con tutti i criteri possibili di controllo dei controllori. Poi, si possono solo intrecciare le dita.

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  4. Io farei attenzione a non liquidare troppo facilmente il "biologismo" mettendolo sullo stesso piano dell'idealismo. L'uomo può emanciparsi dallo stato naturale (con tutte le sue brave sovrastrutture) ma solo fino a un certo punto, oltre il quale non si può prescindere dalla biologia.
    Sulla possibilità dell'uomo di trasformare sé stesso forse il caso Lysenko avrebbe qualcosa da insegnare.
    Saluti

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  5. Uomo e natura non costituiscono un’opposizione logica e neppure un’unità indifferenziata. L’uomo costituisce il punto più alto della materia nel suo divenire e si differenzia qualitativamente dalle forme animali dalle quali si è emancipato, MA LA SUA STORIA NON È DISGIUNTA DALLA NATURA. Subisce l’influsso della natura ma nello steso tempo è capace di creare, attraverso continue trasformazioni di essa, nuove condizioni naturali per la sua esistenza.

    solo questo ho scritto. che poi l'uomo nel trasformare la natura costituisca attivamente la sua stessa natura mi pare alla luce del sole

    scusa, che c'entra Lysenko?

    saluti

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    1. Ho soltanto voluto dire che biologismo ed idealismo hanno pesi diversi, e che il peso della biologia è secondo me più determinante di quello che pensiamo.
      Lysenko mi pare l'esempio estremo di visione ideologica della scienza ( ovviamente non è l'unico: di segno opposto il fanatismo di Johannes Stark e della sua Deutsche Physik ). E' lampante che la storia dell'uomo non è disgiunta dalla natura, ma l'uomo non è una tabula rasa che la cultura può plasmare a suo piacimento: le neuroscienze sembrano indicare che gli uomini nascono con date predisposizioni che non definirò buone o cattive tout court, ma che possono orientare anche pesantemente i comportamenti soggettivi e sociali futuri. E qui ogni teoria sociale e politica non può prescindere dalla biologia anche se l'idea di uomo che ne deriva può non piacere. I fattori ambientali c'entrano, ma non oltre un certo punto: farne l'unica variabile dell'equazione, alla Lysenko, porta a un uomo altrettanto astratto di quello delle religioni e dei filosofi. E questo a prescindere dalle conseguenze.
      Saluti

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