domenica 12 febbraio 2012

La differenza tra i comunisti e i reazionari in materia religiosa


Non ho nulla contro chi crede in buona fede che dopo la morte c’è "qualcosa". Ritengo tuttavia che l’essere umano, almeno a livello individuale, abbia modo soprattutto oggi di raggiungere una consapevolezza che lo porti a escludere razionalmente una tale possibilità. Del resto da molto tempo in tale materia non c’è più spazio per l’ambiguità e a qualunque persona onesta dovrebbe essere ben chiaro cosa rappresenti la religione come fenomeno sociale e nelle sue forme istituzionali.

Eliminare la religione è cosa che può altresì auspicare anche un generico ateismo. Per un comunista eliminare la religione significa eliminare anzitutto le condizioni sociali che la fomentano. So bene che dei poveri disgraziati – al pari dei preti – sostengono che il sentimento religioso è innato con l’uomo. Cazzate. La religione vera e propria (e quindi non solo un mero sentimento di stupore e ammirazione per la meravigliosa complessità e grandiosità dei fenomeni naturali, oppure di terrore per ciò che si manifesta alla coscienza ingenua come misterioso) compare a un determinato stadio dello sviluppo della coscienza umana, ossia a un determinato stadio della sua storia e ne segna inequivocabilmente il livello. Ne è esempio eloquente il fatto incontestabile che a seguito dell’enorme sviluppo sociale conseguito si è andato progressivamente affermando anche un nuovo rapporto, libero e volontario, tra coscienza individuale e fede religiosa. È questo solo un primo passo verso l’emancipazione dalla religione, ed è anche il motivo essenziale che ha via via messo in crisi le istituzioni religiose. Non è casuale il fatto che l’infatuazione religiosa trovi proseliti nelle zone economicamente più arretrate del pianeta, o dove è più illusorio il progresso e violenta la propaganda ideologica e di classe, come negli Usa, o laddove è mantenuto alto il tasso di analfabetismo come in Italia.

Infatti, se siamo giunti a un elevato grado di razionalità e di comprensione della natura e del nostro ruolo in essa, restiamo però ancora lontani dall’aver superato quelle condizioni sociali, e il relativo condizionamento ideologico e psicologico, che lasciano ancora gran parte dell’umanità nella condizione in cui:

«La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale».

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Ieri sera il signor Fazio Fabio, nel corso di una “intervista” televisiva a un ministro (non so quale) ha avuto modo di dichiarare e poi ripetere, con una certa divertita enfasi, che Fidel Castro si sarebbe avvicinato alla religione. Il ministro, infine, dichiarando di aver avuto un lungo colloquio con Castro ha precisato: non credo che Castro sia sensibile a un sentimento religioso. Al di là di ogni valutazione in sede storica sulla figura di Castro, è evidente l’ignoranza o la malafede (o entrambi) di coloro che sostengono che Castro si sarebbe avvicinato alla religione. Tale “notizia” è destituita di ogni fondamento. Si dovrebbe sapere, peraltro, che un comunista (quindi non Niki Vendola, per esempio), non può credere in alcunché di trascendente e tantomeno nei miti costruiti dalle religioni storiche. Se inoltre il signor Ministro avesse letto il libro di Castro, La mia fede, pubblicato e ristampato tre volte dalle edizioni Paoline, avrebbe contezza che un comunista è bensì capace di avere una spiritualità, ma diversa e non coincidente con quella di un qualsiasi ministro dell’esecutivo Monti.

3 commenti:

  1. Buondì Olympe
    Spero di non essere troppo invasivo, con abuso di linkaggio, nel qual caso sono contento quando mi viene fatto notare.

    Ho in antipatia ogni forma autoreferenziale, ma mi permetto di segnalare questo mio post, prevalendo il desiderio di omaggiare un individuo recentemente scomparsa (tra le mie limitate letture, di lui ho recentemente letto un breve libretto, "Consigli a un giovane ribelle", con pagine dense di esperienza diretta e conseguenti prese di posizione, che consiglio a chiunque, come me, condivida quanto scrivi nel tuo post).

    Segnalo anche questo video, che ben esprime il livello d'intelletto e ipocrisia di chi si relaziona nelle umane vicende avendo a parametro di riferimento leggi proferite da un roveto ardente nell'Età della Pastorizia.
    Sempre dello stesso signore, avendo visto una tua foto nella tua homepage, linko questo video.

    Saluto con gratitudine e solidarietà, riportando per esteso il pensiero di Karl Marx:
    “La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo.
    Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola.
    La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi.”
    [Per la critica della filosofia del diritto di Hegel – Karl Marx]

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