giovedì 1 dicembre 2011

Il sarto di Ulm



Il sarto di Ulm è il titolo di una parabola di Bertold Brecht: il sarto diceva che l'uomo avrebbe volato, il vescovo principe non ci credeva, alla fine, stufo delle insistenze, gli dice «provaci, vai sul campanile e buttati». Il sarto si butta e si sfracella. Chi aveva ragione? Perché è vero che il sarto non era riuscito a volare, ma poi l'uomo c’è riuscito. La parabola vale per il comunismo: per ora il tentativo non ha avuto esito positivo, ma domani forse ce la farà.

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Più difficile che Marietto Monti riesca a far ritornare in Italia le rondini, ma intanto si è trasformato, almeno apparentemente, in conduttore del gioco, con innocenza calcolata. Delle sue presunte capacità non me ne frega nulla, tanto non ne farà un uso almeno decente, ma di ordinaria confisca di un’altra fetta di plusvalore sociale colpendo con coerenza ossessiva le classi medio basse. Reclamerà il dovere nel nome dissimulato degli interessi della sua classe, di ciò che ha di più caro. Ci lascerà il diritto di scegliere tra le opzioni: se tirare la vita con 900 euro a 63 anni oppure con mille a 70, la mancia per le medicine. Con quegli importi lor signori non ci pagano nemmeno la colf, ammesso che se la paghino in proprio.

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Se chi governa la Bce e tutto il resto è come Trichet (vorrei vedere se è andato in pensione con il contributivo), se dà le risposte che questi ha dato a Le monde diplomatique (pubblicherò nel blog l’articolo non appena disponibile), allora è proprio vero che questa ciurma di tecnocrati e banchieri è composta solo di fanatici, di ragionieri, di dottrinari, di rotti in culo. Come altro definire un deficiente che sostiene, testualmente, che i programmi liberisti del Fmi hanno funzionato in Sud America e in Africa? Perfino Milton Friedman prima di togliersi dai coglioni, nel 2003, aveva dichiarato che per quanto riguarda il disastro “la responsabilità degli uomini del Fmi è innegabile”. Nella stessa intervista a Friedman, pubblicata nel n. 100 della rivista Politique internationale, si può leggere questa perla riferita agli Usa:

Il n'y a pas de crise financière. Les banques ne sont pas en difficulté. Notre situation est plutôt bonne et la seule chose qui, au cours des derniers mois, a freiné la conjoncture tenait - encore une fois - aux incertitudes créées par la menace terroriste et la guerre en Irak.

Tutta gente che ci capisce. Altro giudizio di Friedman su Fmi e Banca Mondiale:

Le FMI est un échec complet. Il a peut-être empêché certaines crises. Il a surtout eu pour effet de les multiplier. Quant à la Banque mondiale, elle porte une lourde responsabilité vis-à-vis de l'Afrique - un continent qui, globalement, se retrouve aujourd'hui dans une situation pire qu'il y a cinquante ans. La Banque a financé les dictateurs et renforcé leurs pouvoirs, alors que ces pays avaient besoin de moins d'État. Loin d'affaiblir le pouvoir des États centraux, la Banque mondiale a renforcé leurs moyens de répression.

Scoprono le cose sempre dopo che hanno causato il danno. Chissà cosa diranno questi pagliacci di economisti quando fra uno o qualche anno gli Stati si troveranno nella necessità di nazionalizzare le banche fallite. Intanto stampiamo moneta, dicono, poi si vedrà. La mano invisibile del mercato trova sempre un dito bischero da metterci in culo.

5 commenti:

  1. ma poi siamo sicuri che il capitalismo sia davvero in crisi? o più semplicemente l'elastico che ne reggeva la maschera riformista sul volto si sta lasciando andare e in realtà sta solo cominciando a mostrare la sua vera faccia?

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  2. Non trovo per nulla incoraggiante la parabola di Brecht perchè a volare saranno i principi non i sarti. La nazionalizzazione delle banche, invece, la vedo, come una soluzione plausibile in un prossimo futuro. Non sarebbe la prima volta. Avrà nome diverso, piu' presentabile, ma la sostanza sarà la medesima: scaricare sulla comunità le perdite di pochi.

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  3. @ francesca: una cosa implica l'altra

    @ anonimo: dipende da noi. (sarebbe gradito un nick, grazie)

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  4. Grazie per la parabola di Brecht che non conoscevo, a cui aggiungo questa massima: IL COMUNISMO NON è UN OPZIONE IDEOLOGICA MA UNA NECESSITA' STORICA.

    Luigi

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  5. Il sistema capitalista va in crisi regolarmente, è vero, ma non crolla da solo. Ha molti modi per rivitalizzarsi, primo fra tutti un conflitto mondiale e dunque la distruzione di capitali (generati dal sudore dei lavoratori). Per essere abbattuto, ha bisogno di una Rivoluzione, ha bisogno di coscienza di classe, e ha bisogno di un'avanguardia rivoluzionaria che incanali le masse e non ne disperda la forza. Citando Trozkij: "Senza un'organizzazione dirigente, l'energia delle masse si volatilizzerebbe come il vapore non racchiuso in un cilindro a pistone. Eppure il movimento dipende dal vapore e non dal cilindro o dal pistone".

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