sabato 10 settembre 2011

La pelle



Al Vaticano non può fregargliene un cazzo dell’Australopithecus sediba, ma ai nostri atei devoti la cosa provocherà sicuramente momenti di eccitazione. Ed infatti clicco il sito dell’Uaar e puntualmente trovo la notizia con il riferimento al link di Science. Ora finalmente, forse, abbiamo l’agognata prova scientifica che qualche tempo fa siamo scesi dagli alberi per evolverci fino a poterli tagliare con la sega elettrica. E costruire piramidi e cattedrali. E dividerci in padroni e schiavi.

Sempre se l’Australopithecus sediba non risulti essere un altro ramo secco di australopitechi, come invece sembra probabile. Ma intanto, per un momento, coltiviamo l'illusione che la notizia avrà fatto tremare i pilastri del Bramante.

Più inquietante la vicenda dell’incrocio tra neanderthaliani e Homo sapiens. Ma come se non bastasse, eccoti l’incrocio fra l'antica popolazione di Denidova e gli antenati dei melanesiani. A questo punto sarebbe ragionevole attendersi una mutazione di opinioni da parte di certi ambienti, ma si sa che la religione ha la pelle più dura delle ossa (è il caso di dirlo) e non mancherà di rivestire con essa tutti i reperti di australopitechi che dovessero saltar fuori da qualche parte.

P. s. : gli amici dell'Uaar hanno scoperto che questo mio microscopico sito esiste. Grazie per la premura. La mia distanza dalle vostre opinioni l'ho già espressa in chiaro in questo post. Cordialmente.

1 commento:

  1. I pilastri del Bramante non tremerebbero neppure se venisse provato,al di là di ogni ragionevole dubbio, che quel tal Yoshua bar Joseph di Nazareth, di cui s'è così tanto ben parlato, in realtà gestiva un lupanare in Largo Orto degli Ulivi, dove Maria e la sua omonima di Magdala, quest'ultima probabilmente minorenne, facevano le escort nelle ultime cene d'addio al celibato.
    A parte ciò, come quelli della UAAR, anch'io sono fortemente convinto che infine tutto si riconduca alla chimica e che il resto sia solo componente della sovrastruttura con la quale mascheriamo sistematicamente il nostro terrore di riconoscere tale condizione d'impotenza nonché l'inutilità dell'esistere.

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