mercoledì 24 agosto 2011

L'Irpef del prete



Molto spesso i ricchi (piccoli, medi e extra-large) ritengono che la ricchezza di cui sono in possesso appartenga loro quasi per diritto divino. Provare a parlare della questione con uno di costoro è impresa disperata. Men che meno possono accettare che essi, in generale, di ricchezza non ne producono nemmeno un grammo, anzi la consumano e la dissipano. È una vecchia storia, non vogliono e non possono ammettere che il loro ingegno, di per sé, non è necessariamente una forza produttiva della ricchezza sociale e che la loro classe, al punto in cui è arrivato lo sviluppo delle forze produttive, non solo non è indispensabile ma si rivela ogni giorno di più inutile e dannosa per l’intera società. Sta di fatto che la direzione del processo produttivo di una grande holding può essere svolta da un laureato in filosofia come Marchionne.

Anche tra i salariati c’è chi ritiene di fare un lavoro massimamente produttivo. Un chirurgo, per esempio, non si accontenta di essere molto utile alla società, ma pretende anche, con il suo lavoro, di essere produttivo alla pari di un salariato che uccide e squarta le proprie vittime in un macello. Impossibile spiegare al luminare di chirurgia che il suo lavoro si scambia con reddito e non con capitale, perciò è sì utile (quando non uccide il paziente) ma improduttivo e anzi portato nel suo espletamento a consumare merci e ricchezza.

Tutto quello che viene versato in imposte e tasse allo Stato, è ricchezza prodotta da lavoratori che hanno scambiato la loro forza-lavoro con capitale. Solo questo tipo di lavoro, sia esso eseguito da un operaio o da un ingegnere, è produttivo di nuovo valore. Viceversa, i lavoratori dei servizi, siano essi la prostituta o il papa, non possono essere pagati che dai salari degli operai produttivi o dai profitti di coloro che li impiegano (e di chi partecipa a questi profitti).

Pertanto (e rispondendo a un lettore del blog), l’Irpef che un gioielliere, un dentista o un prete versano allo Stato, non è altro che una parte del reddito che essi ricevono in cambio dei loro servizi, vuoi la vendita di un orologio, la cura di una carie, la promessa dell’aldilà. L'Irpef che versa l'operaio produttivo, invece, non è parte del reddito, ma del salario. Il fatto che solo da una certa epoca si sia incominciato a pagare imposte di questo tipo dipende, detto alla buona, da diversi motivi legati anzitutto alla produttività (quindi alla produzione di plusvalore) e alle condizioni complessive nelle quali avviene la riproduzione della forza-lavoro.

2 commenti:

  1. CIAO dalla spagna, un gran blog il tuo, circondati come siamo dalla disinformacja.
    Un favore, un indicazione bibliografica, per capire la differenza tra salario ai terziari e capitale erogato ai lavoratori,grazie
    gigi da madrid

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  2. ciao Gigi.

    un testofondamentale è senz'altro questo:
    K.Marx, Storia delle teorie economiche. Vol. 1, Einaudi, da p. 248 incomicia il discorso per quanto riguarda il lavoro produttivo-improduttivo, ecc.

    in internet non mi risulta ancora scaricabile. però ti segnalo questo sito che forse può esserti utile:

    http://www.homolaicus.com/teorici/marx/lavoro_produttivo.htm

    ad ogni buon conto non perderti questo:

    http://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1865/salpp.htm

    saluti

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