martedì 10 maggio 2011

È possibile? Nemmeno per necessità



Nel suo blog un simpatico poeta si chiede: «il capitalismo è il destino finale dell'umanità, il sistema economico definitivo?» E dopo qualche altra considerazione: «Quando il capitalismo non avrà più nemici che lo costringeranno, se d'uopo, ad autoriformarsi, sarà capace di sopravvivere a se stesso? Si saprà autoregolamentare? Riuscirà a capire che esistono dei limiti alle differenze?».

Non ho molta dimestichezza con la filosofia e ancor meno con quella dell’avvenire, perciò mi limito ad alcune osservazioni molto comuni e prosaiche: 1) c’è cibo per tutti, anche abbondante e volendo di qualità, ma almeno un miliardo di umani patisce letteralmente la fame, almeno un altro miliardo la denutrizione, per contro centinaia di milioni di persone scontano gli effetti di un’alimentazione eccessiva, indotta e squilibrata. 2) c’è energia per tutti, ma chi ne utilizza a livelli prossimi allo zero e altri che ne sprecano moltissima. Senza indulgere a concezioni pauperistiche pericolose e antistoriche, il modo attuale di produzione alimentare, dell’energia e delle altre merci, il modo con cui si estrae valore dal lavoro, provoca diseguaglianze e squilibri gravissimi, alterazioni climatiche e un ampio spreco delle risorse naturali, specie di quelle non rinnovabili.

Sono cose che tutti sappiamo a vari livelli di percezione e consapevolezza. È possibile quindi, per tornare alla domanda iniziale, che il capitalismo si "autoregolamenti", sia in grado di mettere una pezza alle troppe disuguaglianze, al depauperamento delle risorse, insomma pianificarsi? C’è da dire a tale riguardo che l’umanità, i popoli e le nazioni, le stesse classi sociali, si sono risolte ad affrontare i loro più gravi problemi solo quando costretti dalla necessità, solo quando presi alla gola. Inoltre, nessun sistema economico si è mai autoriformato per questioni etiche e di giustizia sociale, nonostante le vanitose e ipocrite invocazioni di qualche autorità religiosa e politica. Questa retorica della carità, l’evergetismo di singoli o di gruppi e associazioni non altera la natura di un sistema economico, dei suoi rapporti sociali, non può pretendere di esorcizzare le contraddizioni reali. Anche sul piano dell’intervento statale e degli organismi economici sovranazionali assistiamo a quello che almeno da un secolo e mezzo si sapeva, cioè che le imposte non bastano più, lo Stato firma cambiali per il futuro, ma il disavanzo tra entrate e uscite è reso insanabile, da un lato, dalla dinamica della spesa pubblica, e, dall’altro, dalle crisi del ciclo di accumulazione del capitale. È su tale punto dell’accumulazione privata del modo di produzione capitalistico che sta in origine il motivo della sua contraddizione fondamentale, la tendenza necessaria alle sue crisi. A ciò si deve aggiungere, quale aggravante di non poco conto, la demenzialità sistemica della finanza speculativa internazionale nei suoi molti modi di creare denaro dal nulla e per converso un’insicurezza economica inedita. Si è così raggiunta ormai la massima divaricazione tra la necessità e la possibilità di una trasformazione sociale radicale da un lato e la volontà di conservazione di questo stato di cose dall’altro. Non è difficile prevedere ciò che del resto è già in atto, ossia un forte aumento della protesta sociale e del contenzioso internazionale (di questo ho fatto cenno in numerosi post a cominciare dall’anno scorso e dedicati alla situazione degli anni Venti e Trenta del secolo scorso).

Perciò la risposta al quesito, sia pure assai schematica, è negativa: il capitalismo non può, per sua natura,  risolvere le proprie contraddizioni e le condizioni della sua crisi storica. Ci sta scavando la fossa per seppellirci. Prenderne coscienza non basta, ma è tuttavia necessario preliminarmente sapere che cos’è esattamente il capitalismo e aver chiara la natura dei rapporti sociali sui quali esso si basa e che non sono quelli evocati e abbelliti dall’ideologia che lo sostiene.

2 commenti:

  1. Devo essere sincero: aspettavo un tuo intervento e mi fa piacere leggere questo chiaro post esplicativo e per me sufficiente per... disperare.
    A proposito: grazie per il "simpatico".

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  2. sincerità x sincerità: a me quello che scrivi è simpatico veramente
    grazie a te

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