giovedì 28 aprile 2011

La legge del manga


È difficile avere certezze quando perfino il Papa dice di averle esaurite [*]. Ma se si tratta di economia, anche dopo l’ultima batosta, gli apologeti del sistema non lesinano deliri liberaloidi su “nuovi mondi con il sistema di valori occidentali che includono la capacità di coniugare la creazione di ricchezza attraverso la concorrenza con l’esigenza di estendere i diritti in un contesto di attenzione verso chi ha di meno”.

Gli apologeti del capitale, in genere leggono libri inutili e ignorano gli altri, scrivono del marxismo a ricalco del sentito dire. Su Saturno, il supplemento culturale de Il Fatto, c’è notizia della pubblicazione di un fumetto, in giapponese e in francese, che “spiega l’infernale macchina capitalistica, ovvero Il Capitale di Marx in versione manga”. Me cojoni.

“Svelerebbe i segreti dell’accumulazione primaria” (sic!) e la "legge [su]lla caduta tendenziale del [saggio] del profitto". Ci voleva una cosa del genere, tanto per chiarire al popolo dell’happy hour il perché e il percome il capitale glielo mette in culo anche quando sta seduto bevendo lo spriz. Il fumetto, o manga, racconta la storia di un piccolo produttore di formaggio, Robin, il quale diventa peggio di uno spacciatore di credit default swap.

Per carità, nulla è sacro e tutto si può dire, volgarizzare, divulgare, rendere potabile anche un veleno come il marxismo. Per trasporre in fumetto il 13° cap. della terza sezione del Terzo Libro, quello che descrive appunto della legge sulla caduta tendenziale del saggio del profitto, cioè la legge fondamentale dell’accumulazione capitalistica, bisogna avere grande capacità di sintesi, fantasia, e soprattutto coraggio e attitudine per il ridicolo.

Naturalmente dobbiamo dare per scontato che siano già stati chiariti al lettore del manga la teoria del valore-lavoro, la trasformazione del plusvalore in profitto e del saggio del plusvalore in saggio del profitto, perciò il rapporto fra saggio del profitto e saggio del plusvalore, che non è un semplice giro di parole e non sono la stessa cosa. Astraendo da molte altre cose, inessenziali al momento, quali per esempio la fluttuazione dei prezzi della materia prima e la loro diretta influenza sul saggio del profitto.

Insomma, senza volerla complicare troppo, sarà pur necessario dimostrare al lettore del fumetto come la modificazione della composizione organica media del capitale complessivo appartenente a una determinata società, cioè questo progressivo aumento del capitale costante in rapporto a quello variabile, deve portare per forza di cose a una progressiva diminuzione del saggio generale del profitto, restando immutato il saggio del plusvalore o il grado di sfruttamento del lavoro da parte del capitale. Fin qui per poi illustrare al lettore refrattario ai corposi volumi marxiani un fatto fondamentale: già me lo vedo con il dito sull'indice dei due volumi del fumetto per poterselo leggere subito, senza indugio. Si tratta cioè della rivelazione che la tendenza progressiva alla diminuzione del saggio generale del profitto è quindi un’espressione peculiare del modo di produzione capitalistico per lo sviluppo progressivo della produttività sociale del lavoro. Tuttavia, ciò non significa che il saggio del profitto non possa temporaneamente diminuire anche per altri motivi (e questo il lettore smaliziato l'ha già intuito), ma significa che, in conseguenza della stessa natura della produzione capitalistica e come una necessità logica del suo sviluppo, il saggio generale medio del plusvalore deve esprimersi in un calo del saggio generale del profitto. Una volta “svelato” questo dettaglio, i protagonisti del fumetto si perdono in una digressione a proposito delle diverse marche di birra.

Dopo aver ordinato al barista un altro giro, il bevitore, pardon, il lettore contempla come l’aumento della massa del capitale costante – fisso e circolante – [da non confondere con quello costante e variabile] che attiva questo lavoro, è accompagnato dalla diminuzione del rapporto tra quella grandezza di valore e il valore del capitale, che aumenta con la massa di esso, seppur non nella stessa misura. Tale rapporto, e con esso il saggio del profitto, diminuisce malgrado il capitale abbia ai propri comandi la medesima quantità di lavoro vivo e assorba la medesima massa di pluslavoro di prima. La modificazione della porzione non è dovuta alla diminuzione della massa di lavoro vivo bensì all’aumento della massa di lavoro già oggettivato che essa ha posto in movimento. La diminuzione è relativa, non assoluta, e in effetti non ha nulla a che vedere con la grandezza assoluta del lavoro e del pluslavoro messo in movimento. Come chiosava  il giorno di pasqua il mio vicino di casa mentre arrostiva costicine, la caduta del saggio del profitto non deriva da una diminuzione assoluta, ma unicamente da una diminuzione relativa della parte variabile del capitale complessivo, dalla sua diminuzione nei confronti della parte costante.

A questo punto il lettore del manga (o del menga?) avrà tutto chiaro davanti a sé, così come le prospettive del capitalismo destinato a soccombere (salvo le “cause antagoniste” del capitolo successivo) e quel figlio di puttana di Robin espierà fino all’ultima colpa in un gulag.

PS.: possiamo ben immaginare cosa direbbero i darwinisti se a divulgare l'evoluzionismo fosse impresa lasciata prevalentemente ai creazionisti. Della scienza marxista invece si occupano prevalentemente gli antimarxisti e questa sembra debba essere la regola più naturale e ovvia.

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