lunedì 10 maggio 2010

Tigre di carta


Luigi Spaventa, noto professore di economia, spiega su il Sole 24ore come colpire gli speculatori e aver vinta la partita. Lo spiega ai lettori, non potendolo suggerire alle cancellerie europee, le quali stanno già raggranellando alcune centinaia di migliaia di miliardi tutto sommato proprio a tale scopo. Spaventa riporta, quale esempio emblematico, quanto è successo sul mercato di Hong Kong qualche anno fa:
Nell'agosto del 1998, in esito alla crisi finanziaria del Sud-Est asiatico, quando finirono al tappeto le economie più dinamiche dell'area, la speculazione prese di mira con pesanti bordate la valuta e il mercato azionario di Hong Kong. Poiché i consueti strumenti di difesa (aumento dei tassi) non bastavano, l'autorità monetaria del territorio buttò alle ortiche l'ortodossia e decise di presentarsi in borsa come compratore di ultima istanza, in contropartita dei venditori a pronti e a termine, e acquistò azioni  -  azioni, si badi, non casti titoli di Stato  -  per 15 miliardi di dollari. Questa operazione (battezzata doppio slam, double whammy) inflisse gravissime perdite ai ribassisti, che dovettero abbandonare il terreno con gravi perdite.
Avverte Spaventa: la sola entità che possiede più mezzi di qualsiasi diabolico speculatore è una banca centrale che abbia il potere di emettere moneta. Non si tratta di un inciso casuale. Quindi il professore suggerisce alla Bce di comprare azioni delle malmesse società europee? Niente affatto: acquistare titoli di Stato, debito in gran parte insolvibile.
Bisogna rilevare, tra l’altro, che l’attacco speculativo sul mercato di Hong Kong fu sì massiccio, ma non vi presero parte, per esempio, colossi del calibro degli hedge found cinesi ovvero istituzioni finanziarie statali di grande peso. Che non sono speculatori “diabolici”, ma fanno solo il loro mestiere in un sistema di “libero mercato”. Ed è vero che la Bce può comprare sul libero mercato i titoli di Stato, cioè i titoli del debito greco, portoghese, spagnolo, italiano, ecc. ma è anche vero, soggiungo, che la Francia, per esempio, avrebbe tutto l’interesse, quale prima creditrice dei titoli italiani, di rifilare i nostri pezzi di carta alla Bce. Si tratterebbe di rilanciare su un bluff come in una partita di poker, sapendo che l’avversario non può inseguire il rilancio all’infinito, perché la Bce ha il potere di emettere moneta” (oltre al fatto, aggiungo, che sulle prime può coprirsi vendendo sul mercato i titoli buoni – tedeschi e Usa – che ha in portafoglio). Ma come sa bene il professor Spaventa, questo potere non è infinito e non è senza conseguenze. Messa così, la Bce potrebbe vincere la mano, ma perdere la partita a causa di un’enorme inflazione, e quindi lasciare infine il tavolo in balìa della speculazione. Con gravissime conseguenze politiche e sociali oltre che, ovviamente, economiche.
Gli Stati sovrani avrebbero un’altra carta da giocare che non quella dell’inseguimento della speculazione a costi pazzeschi: la carta delle regole, la carta della politica. Ma dipende da chi comanda chi.  Insomma, chi sono gli speculatori e quanto contano? E anche le regole e la politica, alla fine, si dovrebbero arrendere: il problema non è solo finanziario e nemmeno principalmente finanziario. Il problema è economico, laddove l’unico limite al capitale è il capitale stesso.

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