martedì 18 maggio 2010

La natura umana


Si sente spesso sostenere che lo sfruttamento, le crisi, le guerre e i genocidi dipendono dall’egoismo predatorio dei singoli individui e degli Stati, insito nella natura umana così come nella natura del potere.
La natura umana ha poco a che vedere con le cause fondamentali delle crisi e dei conflitti, così come la natura del potere risponde in realtà alla natura di una determinata struttura sociale, la quale non è classista solo quando si parla delle civiltà del passato.
Il capitalismo è basato su un sistema di rapporti sociali in cui la produzione, necessaria per il mantenimento della vita umana e della civiltà, non è effettuata principalmente a tale fine, ma secondo la logica del capitale, cioè secondo le leggi dell’accumulazione, di modo che l'irrazionalità è incorporata nella struttura stessa del sistema del profitto. Ad esempio, in questo sistema, un aumento della produttività del lavoro, alla base dello sviluppo della società e del progresso umano, può produrre, paradossalmente ma realmente, una diminuzione del saggio di profitto, causando perciò stesso una crisi economica che porta alla recessione, alla disoccupazione e, non di rado, alla guerra.
Anche le religioni, segnatamente il cristianesimo e il cattolicesimo, hanno a fondamento della propria dottrina il principio secondo cui all’origine del “male”, compresi quindi tutti i “mali” sociali, è la cattiva condotta del singolo individuo, per cui, nella migliore delle ipotesi, lo sfruttamento e la povertà sarebbero il portato di un “peccato sociale”. Frei Betto sostiene che “Marx era un uomo del suo tempo e si è lasciato influenzare da elementi positivisti con l'idea che l'umanità cammina in base a una logica scientifica. Questa è una sciocchezza”. Questa frase implica un fraintendimento basilare messo in evidenza dall’uso di una categoria estranea a Marx, poiché egli ha posto alla base della sua critica scientifica non già il “cammino dell’umanità”, astrattamente intesa, bensì un determinato modo di produzione, con le sue leggi e contraddizioni.

Questi “critici” del marxismo non si sono mai presi la briga di leggere Marx di prima mano.  Le concezioni pretesche, anche le più aperte, come per esempio la cd teologia della liberazione, sono ovviamente non solo in contrasto con il materialismo storico e la critica dell’economia politica marxiana, ma sono operazioni furbe che tendono a mettere sullo stesso piano categorie politiche e dottrina religiosa, marxismo e idealismo, sostenendo che “non si va da nessuna parte se non si passa per la fede”.
Dobbiamo sempre tener presente, in qualunque circostanza, che un prete tende sempre dalla stessa parte.

Nessun commento:

Posta un commento